Autismo, con un intervento molto precoce un terzo di diagnosi in meno

Articolo del 20 Settembre 2021

Un nuovo tipo di intervento precoce potrebbe rivelarsi efficace per ridurre le probabilità di una diagnosi di autismo nei bambini che presentano sintomi nei primi mesi di vita. La strategia in questione si chiama iBASIS-VIPP (Video Interaction to Promote Positive Parenting), e punta ad educare i genitori ad una migliore comprensione delle peculiarità comunicative dei propri figli, perché contribuiscano a ottimizzare lo sviluppo sociale e comunicativo dei piccoli nei primissimi anni di vita, quando le probabilità di miglioramenti concreti e duraturi sono teoricamente più elevate. A confermarne l’efficacia è uno studio su 103 bambini dell’australiano Telethon Kids Institute pubblicata su Jama Pediatrics, i cui risultati indicherebbero una probabilità tre volte inferiore di una diagnosi di autismo per i bambini a rischio sottoposti alla terapia iBASIS-VIPP, rispetto a quelli trattati con l’attuale standard di cura.

Attualmente, infatti, le terapie vengono iniziate di norma solo al momento di una diagnosi definitiva, che non può essere effettuata prima del terzo anno di vita. Molti esperti ritengono che intervenire ancor più precocemente aumenterebbe le probabilità di successo, ma i tentativi in questa direzione fino ad oggi non hanno mai dato risultati particolarmente incoraggianti. Il nuovo studio – scrivono i suoi autori – parte però da alcune recenti scoperte sullo sviluppo neurocognitivo nei primissimi anni di vita, e in particolare, sul ruolo importante che possono avere i comportamenti dei genitori nel migliorare eventuali criticità nello sviluppo dei bambini. Rappresenta quindi una strategia innovativa, che punta a personalizzare gli interventi sui bisogni e sulle caratteristiche del singolo bambino, creandogli attorno un ambiente sociale che lo aiuti ad imparare nel modo che gli è più congeniale. Differenziandosi così da molti degli approcci terapeutici sperimentati in precedenza, che – spiega Andrew Whitehouse, coordinatore della ricerca – “puntavano piuttosto a sostituire i comportamenti atipici individuati nei bambini con quelli che si osservano in bambini privi di disturbi dello sviluppo”.

L’uso dei video

Il protocollo iBASIS-VIPP si basa sull’intervento di un terapista che viene aiutato dall’utilizzo di supporti video, sia per mostrare esempi positivi di interazioni adulto/bambino, sia per registrare quelle che emergono tra genitori e piccoli pazienti durante le sedute, così da poterle riesaminare in seguito per individuare gli aspetti su cui lavorare. Si tratta di una strategia che era stata già testata in precedenza con uno studio che aveva seguito un gruppo di bambini con sintomi riconducibili ad un disturbo dello spettro autistico fino all’età di 18 mesi, e che, pur dimostrando che la terapia è esente da effetti collaterali nocivi, non aveva però prodotto dati affidabili sulla sua efficacia.

Il nuovo studio è partito proprio da qui, seguendo i bambini reclutati nello studio precedente fino all’età di tre anni, per verificare se l’incidenza di diagnosi di disturbi dello spettro autistico fosse inferiore a quella dei bambini del gruppo di controllo, sottoposti al cosiddetto “usual care”, cioè alle terapie prescritte di norma dagli specialisti dell’area in cui è stata svolta la ricerca. E questa volta, gli effetti della terapia IBASIS-VIPP si sono fatti vedere: nel gruppo sottoposto al trattamento infatti le diagnosi di autismo sono risultate tre volte inferiori a quelle del gruppo di controllo.

“Anche i bambini che nel nostro studio sono rimasti al di sotto della soglia di sintomi necessaria per una diagnosi hanno mostrato comunque delle difficoltà nello sviluppo – chiarisce Whitehouse – ma il nostro approccio, che punta a lavorare con le differenze di sviluppo uniche di ogni bambino, e non a cercare di eliminarle, ha dimostrato comunque di poter supportare efficacemente il loro sviluppo nei primi anni di vita”.

Studi a lungo termine ma grande ottimismo

Serviranno ulteriori ricerche, dunque, per verificare l’impatto a lungo termine della terapia IBASIS-VIPP, e valutarne gli effetti nelle fasi della vita più avanzate, quando i sintomi dei disturbi dello spettro autistico si fanno più evidenti, e più debilitanti. Whitehouse, comunque, è estremamente ottimista. “È la prima volta che un intervento preventivo mostra un simile effetto sulle probabilità di diagnosi”, conclude infatti l’esperto australiano. “Questo è un momento decisivo per la ricerca pediatrica. Un passo in avanti fondamentale in quella che speriamo si riveli un’opportunità unica per sviluppare un nuovo approccio clinico, che punti ad interventi estremamente precoci sui bambini che mostrano i primi possibili segni comportamentali dell’autismo”.

 

Fonte: La Repubblica

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