Come tutte le cellule del nostro corpo, anche quelle immunitarie invecchiano. Non a caso con il passare del tempo il nostro sistema immunitario si “indebolisce” ed è sempre meno in grado di combattere le infezioni, il cancro e altre malattie. Fino ad oggi si pensava che questo processo di invecchiamento, noto come senescenza cellulare, fosse una conseguenza inevitabile della vecchiaia e delle infezioni. Ma uno studio pubblicato sulla rivista Nature Cell Biology suggerisce che le lancette dell’orologio biologico delle cellule immunitarie possono essere spostate all’indietro e, in parte, lo fanno spontaneamente.

Il “trasferimento” di longevità

Lo studio è stato realizzato dall’University College London, dall’Università di Oxford, dall’IRCCS Santa Lucia e dalla Sentcell ltd, un’azienda innovativa focalizzata sul ringiovanimento cellulare. Gli scienziati hanno scoperto un meccanismo che le cellule immunitarie utilizzano per rimanere “giovani” più a lungo: un trasferimento di longevità da una cellula a un altra. Questo meccanismo potrebbe essere anche la chiave per rendere curabili malattie come il cancro e la demenza. O anche per allungare l’efficacia di un vaccino, come quello contro Covid-19, senza doversi necessariamente sottoporre a iniezioni di richiamo.

Lo scambio fra cellule

I ricercatori hanno scoperto che una cellula immunitaria può cedere a un’altra un pezzo della sua “giovinezza”. Più precisamente una cellula presentante l’antigene (APC), costituita da cellule B, cellule dendritiche o macrofagi, e che ha come ruolo quello di innescare la risposta immunitaria dei linfociti T, i “soldati” del nostro sistema immunitario, può allungare la longevità di quest’ultimi. E lo fa tramite vescicole extracellulari, piccole particelle che facilitano la comunicazione tra le cellule. Queste vescicole trasferirebbero da una cellula a un’altra i telomeri, cioè i “cappucci” situati all’estremità dei cromosomi con lo scopo di proteggerli.

I telomeri invecchiano accorciandosi

Nei linfociti T, come nella maggior parte delle cellule, i telomeri diventano sempre più corti a ogni successiva divisione cellulare. Quando i telomeri raggiungono una lunghezza critica, la cellula smette di dividersi ed entra in senescenza. Successivamente si attiva il processo di eliminazione della cellula “vecchia”. L’usura dei telomeri è stata descritta dagli scienziati come uno dei “segni distintivi dell’invecchiamento” e, quando il sistema immunitario non funziona più in modo efficace, questo porta all’insorgenza di infezioni croniche, malattie tumorali e morte.

Telomeri trasferiti che diventano staminali

Nello studio i ricercatori hanno studiato in vitro la risposta immunitaria dei linfociti T contro un microbo e hanno inaspettatamente osservato una reazione di trasferimento dei telomeri tra due tipi di globuli bianchi, attraverso appunto le vescicole extracellulari. Con il trasferimento dei telomeri, il linfocita T ricevente diventa longevo e acquisisce caratteristiche di memoria cellulare e proprietà simili a quelle delle cellule staminali. In questo modo il linfocita T può proteggere a lungo termine l’organismo da un’infezione.

Implicazioni straordinarie

Secondo gli studiosi, la reazione di trasferimento ha allungato alcuni telomeri di circa 30 volte di più rispetto a quanto non riesca a fare l’enzima telomerasi, prima considerato l’unico in grado di mantenere intatti o quasi i telomeri di alcune cellule, tra cui quelle del sistema immunitario. “La reazione di trasferimento dei telomeri tra le cellule immunitarie – spiega Alessio Lanna, professore onorario presso l’UCL e CEO di Sentcell Ltd – si aggiunge alle scoperte sulla telomerasi premiate con il Nobel e dimostra che le cellule sono in grado di scambiare i telomeri per regolare la lunghezza dei cromosomi prima che inizi l’azione della telomerasi”.

“Curare” l’invecchiamento

Le implicazioni di questa scoperta potrebbero essere straordinarie. “È possibile che l’invecchiamento possa essere rallentato o curato semplicemente trasferendo i telomeri”, ipotizza Lanna. Le vescicole telomeriche isolata dai ricercatori presentavano proprietà anti-invecchiamento sia in cellule umane che di topo. In futuro, secondo gli studiosi, potremmo provare a somministrarle per estendere la protezione immunitaria, prevenire o controllare un’infezione, indipendentemente o in combinazione con un vaccino. Si potrebbero così realizzare farmaci anti-invecchiamento di nuova generazione che possono stimolare la reazione di trasferimento telomerico direttamente nell’uomo, potenziandone i meccanismi di difesa contro minacce esterne, come il virus Sars-CoV-2.

 

Fonte: La Repubblica

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