Il vaccino Pfizer riduce la carica virale, principale motore dei contagi

Articolo del 10 Febbraio 2021

Nuovo studio sui dati di Israele: la carica virale dei vaccinati si riduce molto. Il vaccino quindi abbassa la capacità di trasmissione del virus, dato che (secondo un’altra ricerca) la quantità di virus contribuisce a infettare più della presenza di sintomi.

Un team guidato da Yaniv Erlich, già professore di Informatica e Biologica Computazionale presso la Columbia University, ha sviluppato un modello di studio per capire se il vaccino Pfizer somministrato in Israele sia anche in grado di ridurre la trasmissione del virus.

Vaccinati ma ancora positivi

Lo ha fatto partendo non tanto dal numero di positivi rilevati tra i vaccinati, che comunque può essere suscettibile a numerose variabili, soprattutto dipendenti dalle misure in atto nel Paese (lockdown, mascherine e distanziamento), ma piuttosto andando a misurare la carica virale del gruppo over 60 vaccinato, confrontandola con quella del gruppo di età 40-60 (vaccinato più tardi). In Israele ormai il 77% delle persone con più di 60 anni ha ricevuto almeno una dose di vaccino e il Ministero della Salute ha contato 31mila positivi tra chi avesse avuto almeno una dose di vaccino. La domanda è se questi positivi (tutti vaccinati) avessero una minore carica virale. Yaniv Erlich gestisce il più grande laboratorio di tamponi in Israele con circa 10-20mila test al giorno, lì hanno analizzato la carica virale media dei loro test dividendo i due gruppi di età (+60 anni e 40-60 anni) e segnando su un grafico i due valori in funzione del tempo (si veda grafico sotto).

I primi effetti del vaccino

Al gruppo +60 hanno assegnato il colore azzurro e a quello 40-60 il colore rosso. In tutto il mese di dicembre e all’inizio di gennaio i valori medi di carica virale rilevati erano molto simili nei due gruppi, ma alla fine di gennaio il gruppo dei + 60 ha iniziato a mostrare valori di carica virale più bassi, proprio in coincidenza con l’aumento proporzionale dei vaccinati (molti anche con la seconda dose). In base a questi dati empirici il team di Yaniv Erlich ha studiato un modello che stima la differenza di carica virale dovuta alla vaccinazione, tenendo conto anche dei tassi di vaccinazione giornalieri in ciascun gruppo e dell’efficacia del vaccino. Il modello ha previsto che la carica virale attesa per gli individui vaccinati è tra 1,6 e 20 volte inferiore rispetto agli individui non vaccinati.

Meno carica virale, meno trasmissione

Questo risultato è importante per la domanda, ancora sospesa, sulla possibilità, da parte dei vaccinati, di contagiare le persone intorno a loro: carica virale inferiore suggerisce tassi di trasmissione virale inferiori. Lo conferma un alto studio appena pubblicato su Lancet Infectious Diseases:è la carica virale più dei sintomi stessi a essere il motore principale del contagio di SARS-CoV-2, tanto che un asintomatico con la stessa carica virale di un sintomatico ha la stessa capacità di infettare. Questa associazione si è ulteriormente riflessa (dai dati dello studio) nel tempo di incubazione di malattia, che è diventato più breve con l’aumentare della carica virale: è aumentato da 5 giorni, tra i partecipanti con una carica virale elevata, a 7 giorni, tra i partecipanti con una bassa carica virale. Lo studio, condotto da ricercatori nel Regno Unito e Spagna, ha anche scoperto che un’elevata carica virale tra i contatti asintomatici era fortemente associata al rischio di sviluppare sintomi COVID-19. Relazioni tra carica virale e infettività sono state descritte per altri virus respiratori. Ecco perché gli asintomatici in questa pandemia hanno assunto l’importanza che hanno, perché un asintomatico con tanta carica virale “in corpo” può contagiare più di un sintomatico che ha poca carica virale. Quando viene identificato un paziente con un’elevata carica virale, «l’implementazione di misure di tracciamento dei contatti andrebbe rafforzata e la quarantena potrebbe essere cruciale per ridurre la trasmissione successiva», concludono gli scienziati.

 

FonteCorriere della Sera

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