Con la stagione che inizia, si iniziano a contare, nuovamente, anche spopolamenti di alveari. Già a partire dalla fine di marzo, alcuni apicoltori lombardi hanno iniziato a segnalare spopolamenti di alveari nella pianura tra le province di Cremona, Lodi, Mantova e Brescia, una zona che si contraddistingue per un’agricoltura intensiva, con prevalenza di monocoltura di mais (utilizzato principalmente per i mangimi), e dove si conta la presenza anche di altre colture come frumento e pioppi. Lo denuncia Greenpeace.

Con la stagione che inizia, si iniziano a contare, nuovamente, anche spopolamenti di alveari. Già a partire dalla fine di marzo, alcuni apicoltori lombardi hanno iniziato a segnalare spopolamenti di alveari nella pianura tra le province di Cremona, Lodi, Mantova e Brescia, una zona che si contraddistingue per un’agricoltura intensiva, con prevalenza di monocoltura di mais (utilizzato principalmente per i mangimi), e dove si conta la presenza anche di altre colture come frumento e pioppi.

La denuncia arriva da Greenpeace Italia. 

«A un mese di distanza, pochi tra gli alveari colpiti avevano ripreso uno sviluppo nella norma. Ma purtroppo non era finita lì. Nella maggior parte dei casi, infatti, dopo alcuni timidi segnali di ripresa, si è assistito a nuovi fenomeni di spopolamento – verso fine aprile – anche più gravi dei precedenti – spiegano da Greenpeace – Oltre alla perdita di bottinatrici (le api che escono dagli alveari per raccogliere nettare e polline), si è registrata la nascita di nuove api sottodimensionate e con una aspettativa di vita e di attività ridotte, che non solo ha precluso la possibilità di produrre miele nella fase più importante dell’annata apistica, ma che rappresenta un grave segnale di allarme per tutta la biodiversità della zona. Le segnalazioni raccolte, in totale riguardano circa 600 alveari. Se proviamo a fare una stima, i numeri spaventano: parliamo di oltre 10 milioni di api che non hanno fatto più ritorno ai loro alveari. Puff…. scomparse nel nulla, 10 milioni».

Nella zona erano in corso attività di semina

«Gli alveari coinvolti in questa triste storia si trovano in aree interessate da un’intensa attività agricola, dove nelle settimane appena precedenti e in concomitanza con l’esplosione del fenomeno di spopolamento, era in corso la semina del mais, con sementi “conciate”, ovvero con sementi trattate con pesticidi.- prosegue Greenpeace – Durante la semina, un numero elevatissimo di ettari viene sottoposto nel medesimo periodo ad una pressione molto alta di lavorazioni e trattamenti, che spesso prevedono diversi interventi con diserbanti in presemina, quando i campi sono fioriti ad esempio di tarassaco (che fa gola alle api). Non è raro, inoltre, che le sostanze chimiche usate per queste operazioni raggiungano, tramite l’azione del vento, anche la vegetazione circostante i campi da seminare ed è anzi sempre più frequente trovare rive dei fossi e bordi dei campi diserbati, anche in difformità da quanto previsto dalle norme regionali  ».

«Alle prime operazioni di diserbo seguono poi quelle di semina, anch’esse concentrate in poche settimane sulla quasi totalità dei terreni della zona, con sementi conciate. La polvere, ricca di sostanze chimiche, durante la movimentazione delle sementi spesso si disperde. Anche questa operazione, se non effettuata in maniera corretta, può portare alla deriva di cocktail letali di principi attivi sulla vegetazione spontanea bottinata dalle api».

Non è la prima volta che si registrano problemi per le api in quest’area

«Lo scorso anno  diverse associazioni di apicoltori – Unione Nazionale Associazioni Apicoltori Italiani (U.N.A.API.), Apilombardia e Apicoltori Lombardi – hanno depositato una denuncia presso la Procura della Repubblica di Cremona per inquinamento ambientale e danneggiamento, sempre nella bassa padana e sempre in corrispondenza di monocolture di mais. Durante il mese di agosto era avvenuta infatti una moria impressionante di api: l’avvelenamento di oltre 200 alveari, il decesso di intere famiglie a causa della morte di api all’interno o all’esterno dell’arnia. Anche in questo caso, indicativamente sono morte almeno 6 o 7 milioni di api (stima al ribasso). Un numero ancora una volta impressionante – spiega ancora l’associazione –  A seguito della denuncia, la Procura ha iniziato a investigare. I principali imputati sembrano essere due principi attivi che vengono usati per diverse formulazioni commerciali di insetticidi, comunemente usati su mais e altre colture. Fra le ipotesi sulle cause, l’uso di questi insetticidi direttamente su colture in fioritura, dove volano le api per raccogliere il polline, o la deriva tramite il vento dell’insetticida su una coltura limitrofa in fioritura a quella oggetto del trattamento».

«A seguito della denuncia sono partite le indagini della Procura di Cremona e, recentemente, il Sostituto Procuratore incaricato ha richiesto la proroga del termine per il compimento delle indagini preliminari: evidentemente, c’è materiale sul quale investigare».

Bene, ma non benissimo

«La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la Commissione europea aveva agito correttamente vietando l’uso di tre pesticidi neonicotinoidi pericolosi per le api: imidacloprid, clothianidin e thiamethoxam. Divieto impugnato dalla Bayer, ma che ora il tribunale ha respinto  , facendo cadere l’ultimo tentativo di ribaltare il bando europeo e minare il “principio di precauzione” dell’Ue per la protezione dell’ambiente e della salute umana. Anche Greenpeace aveva presentato alla corte argomentazione e dati a supporto del divieto, insieme a Pesticides Action Network Europe, Beelife e Buglife».

Come spiega Greenpeace, occorre mettere «in pratica una radicale transizione per passare dalle attuali pratiche agricole industriali e intensive, verso pratiche e un modello agroecologico – agendo sul prossimo Piano Strategico Nazionale della PAC, utilizzando saggiamente i fondi del PNRR (che per dare un’idea, al momento neppure menzionano il biologico), e riformando il Piano di Azione Nazionale (PAN) per l’uso “sostenibile” dei prodotti fitosanitari (scaduto ormai da febbraio 2018). Le dichiarazioni da sole non potranno influire su quanto sta avvenendo in Pianura Padana e nelle zone dove si pratica agricoltura industriale. Si continuerà a forzare un sistema di monocolture e pesticidi, con buona pace delle api e di tutto il resto degli impollinatori e di biodiversità, che continueranno ad essere vittime di  un modello di produzione di cibo che favorisce pochi a scapito di tanti».

 

Fonte: Terranuova