La carne sintetica è sicura?

Articolo del 14 Maggio 2023

Prima ancora delle leggi viene la sicurezza. Parliamo, ancora di carne sintetica, la carne coltivata in laboratorio prodotta a partire da cellule animali, che ha animato le discussioni politiche e scientifiche in Italia nelle scorse settimane. E che continua a tenere banco con la pubblicazione di un report da parte della Fao e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), dedicato proprio alla sicurezza della carne coltivata, più in generale di cibo coltivato. Si intitola Food safety aspects of cell-based food e racchiude una serie di considerazioni importanti sul tema, che dovrebbero essere tenute in considerazione senza preconcetti e ideologie nelle discussioni sulle potenzialità della carne coltivata.

Perché il potenziale, è chiaro, c’è, eccome. La prospettiva di usufruire di un sistema di produzione di proteine animali riducendo la sofferenza animale a ridotto consumo di suolo, acqua ed energia, e quindi di emissioni di gas serra, rispetto agli allevamenti tradizionali è allettante di fronte a una popolazione in continua crescita. Andrà indagata ancora a fondo, certo, ripetono da più parti gli esperti, senza dare per scontati anche gli aspetti relativi alla sicurezza. Ed è proprio su questi che si concentra il rapporto della Fao e dell’Oms, senza dimenticare, mette in chiaro la pubblicazione, che si tratta solo di una delle sfide che il cibo sintetico dovrà affrontare, insieme agli aspetti nutrizionali, normativi e di accettazione da parte del pubblico.

Carne sintetica: focus sulla sicurezza

Relativamente agli aspetti sulla sicurezza gli esperti hanno identificato una serie di pericoli e rischi specifici per le quattro diversi fasi della produzione di cibo sintetico, quali: l’estrazione delle cellule di partenza (la carne coltivata lo è a partire da cellule staminali prelevate da un animale) e tutte le procedure di isolamento e storage correlate, la produzione (ovvero la crescita ed espansione delle cellule all’interno di bioreattori), la raccolta e infine la trasformazione alimentare. Buona parte di questi rischi riguardano diverse produzioni alimentari, contro cui esistono già norme e sistemi per contrastarli, basti pensare al sistema HACCP, ricordano gli esperti. Attenzione dunque a non considerarli esclusivi del cibo sintetico, anzi: per ogni pericolo identificato gli esperti citano pericoli simili che si ritrovano in altri cibi più tradizionali. In alcuni casi per questi ancora oggi non propriamente affrontati e gestiti.

Andando per ordine, ovvero partendo dall’estrazione e coltivazione delle cellule dai campioni animali di partenza, gli autori identificano tra i rischi principali quello di contaminazione con sostanze di derivazione biologica (virus, batteri, protozoi, parassiti vari, ma anche prioni, tossine, banali capelli degli operatori), farmacologica (con farmaci veterinari, compresi antibiotici), contaminanti chimici, microplastichemetalli pesanti, nuovi allergeni magari derivanti da eventuali modifiche genetiche. Pericoli gestibili in maniera analoga alla produzione di cibo in altri settori, ricorrendo ad attività di test estesi, così come all’adozione di adeguate procedure di igiene, controlli, certificazione sugli animali di provenienza ed etichettatura per segnalare la presenza di eventuali allergeni. Ma a bene vedere, scorgendo le lunghe tabelle messe insieme dagli esperti, gli stessi pericoli sono presenti anche durante le fasi di crescita delle cellule, di raccolta e trasformazione alimentare.

Non grandi differenze con i cibi tradizionali

La differenza risiede piuttosto nel modo in cui i vari contaminanti possono finire nel prodotto nelle varie fasi, ma anche in questo caso, e proprio considerando da dove vengono i pericoli, adeguate misure di controllo sui prodotti e su tutti i materiali usati per crescere e maneggiare le cellule e test, possono aiutare a contenere i rischi. Non c’è praticamente nessun pericolo identificato dai ricercatori che non abbia un corrispettivo anche nelle produzioni più tradizionali di cibo. Questo non significa ovviamente che la carne sintetica sia sicura come sono sicuri i prodotti tradizionali, ma piuttosto che siamo di fronte a un prodotto che per quanto innovativo ci pone di fronte a problematiche con cui abbiamo sostanzialmente già a che fare in buona parte. Ad eccezione dei casi in cui venissero scelti come fonte di cellule da coltivare quelle provenienti da animali consumati da poco come cibo e potenziali fonti di tossine, per le quali si raccomandano studi di valutazione del rischio e confronto con altri prodotti simili.

Tumori e modifiche genetiche: pericoli inverosimili

Un capitolo a parte è dedicato dai ricercatori a pericoli paventati, anche dal pubblico di non esperti, ma che è piuttosto difficile che si presentino. Uno su tutti: il pericolo che queste cellule vive, cresciute in bioreattori, non muoiano durante i processi di produzione e finiscano per dare origine a formazioni simil-tumorali. Ma perché tutto questo abbia possibilità di realizzarsi, scrivono gli esperti, dovrebbero verificarsi una serie di eventi estremamente improbabili – in primis la sopravvivenza della cellula durante tutte le fasi, e ancora una volta introdotta nel canale digerente e nel circolo sanguigno – per cui non esistono a oggi plausibilità scientifiche e pericoli “credibili”. In maniera simile gli esperti liquidano il pericolo che dna estraneo, magari derivanti da modifiche genetiche, possa in qualche modo modificare anche le cellule di un eventuale consumatore: dovrebbero verificarsi eventi altrettanto improbabili, e soprattutto dna estraneo, derivante da cibo, è sempre presente nel nostro intestino senza innescare particolari problemi, fanno notare. Anche il pericolo di infezioni da Mycoplasmabatteri abbastanza comuni in ambito di ricerca sulle colture cellulari, non è credibile: per quanto a lenta crescita e relativamente poco distruttivo dovrebbe passare inosservato durante tutti i controlli per poi finire per “ammalare” dopo ingestione l’uomo. Piuttosto inverosimile.

La differenza però tra pericoli e rischi reali o meno la farà anche la comunicazione, come stiamo imparando. Ed è chiaro anche agli esperti che hanno redatto il rapporto, che richiamano il confirmation bias, l’avversione a prodotti considerati innaturali, non famigliari o ancora la confusione tra pericoli controllabili e rischi come ostacoli da affrontare nel campo. Che una comunicazione trasparente, focalizzata a rispondere prima di tutto a quello che le persone vogliono sapere potrebbe aiutare, concludono.

 

Fonte: Galileo

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