L’importanza del subconscio

Articolo del 25 Febbraio 2021

Composto da un insieme di fenomeni psichici che svolgono la loro azione al di sotto della coscienza, il subconscio è la parte della mente che sta sotto la coscienza e che agisce assieme ad essa, pur essendo nascosto a quest’ultima. A introdurre il termine è stato lo psichiatra francese Pierre Janet (1859-1947), che ha sviluppato una complessa teoria della mente e per primo ha avanzato l’ipotesi che i contenuti subconsci dissociati o rimossi fossero all’origine di alcuni sintomi di tipo nevrotico. Questo termine è stato usato nei suoi primi lavori anche da Sigmund Freud, che lo ha sostituito poi con “inconscio”.

Le due parole – subconscio e inconscio – vengono spesso utilizzate nel linguaggio comune come sinonimi, ma indicano realtà differenti. “Il subconscio rappresenta piuttosto la linea di confine tra conscio e inconscio, quasi una fase intermedia tra le due dimensioni. È ciò che opera fuori della coscienza a un livello inferiore di consapevolezza”, chiarisce Antonio Cerasa, neuroscienziato dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) del Cnr. “Questa visione da gironi danteschi della psiche umana era cara a neurologi e psichiatri psicodinamici di inizio ‘900, da Freud a Jung, ma le scoperte neuroscientifiche degli ultimi anni hanno fornito nuovi elementi per comprendere un fenomeno così complesso”.

Il subconscio è coinvolto in diversi ambiti studiati dalle neuroscienze. “In campo neurologico il subconscio svolge un ruolo nelle persone che hanno subito un trauma cranico o un ictus e hanno perso la coscienza”, spiega il ricercatore. “L’emersione dal coma rappresenta una delle mission dei clinici che cercano di capire quali sono i fattori che permettano di velocizzare il passaggio da una vita incosciente alla coscienza del mondo esterno, in cui il principale indicatore del recupero è la ‘memoria di sé’”. Ma il subconscio interessa anche il dominio psichiatrico, in cui ha un ruolo in particolari patologie. “Il subconscio è coinvolto in disturbi come quelli somatoformi o dissociativi, nei quali si perde il controllo del sé a causa di traumi contenuti nella memoria. La coscienza non riesce a gestire le dinamiche di natura emotiva che nascono nell’inconscio e queste si manifestano a livello linguistico con pensieri distorti, perdita di coscienza, perdita di identità; e a livello somatico, con crisi pseudo-epilettiche e crisi vagali”, continua Cerasa.

Il subconscio è coinvolto inoltre in studi in ambito psicofisiologico, in cui le ricerche di neuroimaging ed elettrofisiologia riescono a fornire una descrizione della psiche umana. “Il subconscio di per sé non è una dimensione ‘sotterranea’ o inferiore’, ma più semplicemente una dimensione parallela, in cui si muovono normalmente i flussi di informazioni provenienti dai cinque sensi”, precisa il ricercatore del Cnr-Irib. “Lo scopo finale di coscienza e subconscio non è combattere una lotta per il dominio della psiche ma, più semplicemente, consentire una più efficiente elaborazione e memorizzazione di informazioni che servono per costruire e consolidare il proprio sé”.

Proprio a causa dell’importanza che il subconscio riveste, per secoli psicologi e psichiatri hanno cercato un metodo in grado di far emergere da esso ricordi e pensieri, perché liberare il subconscio è considerato il modo più efficace per risolvere le psicopatologie. Importanti sono i passi avanti compiuti in questo campo dalla ricerca neuroscientifica. “In caso di traumi di natura psicologica legati a violenze, abusi, abbandoni – tutti eventi che provocano situazioni di forte stress cronico che possono sfociare in vere e proprie malattie psichiche – è possibile oggi interferire con il carico emotivo inconscio legato a ricordi traumatici agendo sui movimenti oculari”, conclude Cerasa. “Non stiamo parlando di ipnosi, ma della famosa tecnica Emdr (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), uno dei più efficaci metodi di psicoterapia per ridurre il carico emotivo legato a un ricordo, favorendo conseguentemente anche la guarigione dalla sintomatologia psicopatologica. Sulla rivista Nature, alcuni neurobiologi Coreani hanno provato l’efficacia di questo metodo anche su modelli animali, dimostrando che i ricordi di natura traumatica e l’emotività a essi associata sono intimamente collegati ai movimenti oculari. Interferendo con questi ultimi durante la fase di ricordo è possibile eliminare l’associazione con la componente emotiva, liberando la persona dal peso dell”inconscio’. Finalmente dopo secoli le neuroscienze hanno mostrato la via più diretta per entrare nel subconscio e per liberarci dalle nostre paure”.

 

Fonte: Almanacco della Scienza

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