Stenosi aortica, una “Rete” ospedaliera per salvare il cuore

Articolo del 03 Ottobre 2022

Un nuovo approccio per salvare il cuore e le vite dei pazienti torinesi. Un nuovo modello organizzativo per la cura di una delle malattie cardiovascolari più temibili, la stenosi aortica, è proposto grazie alla collaborazione tra 5 realtà ospedaliere differenti di Torino e provincia.

Una vera e propria “Rete” ospedaliera, grazie alla quale il paziente può agevolarsi di un percorso dedicato che collega l’ospedale Molinette della Città della Salute di Torino (centro “hub”) con gli ospedali di Ciriè, Moncalieri, Ivrea e Chivasso (centri “spoke”). Ed è grazie a questo modello che sono già stati salvati oltre 110 pazienti, che sono stati operati, tutti con successo, alle Molinette di Torino, permettendo un incremento degli interventi e quindi della sopravvivenza di circa il 30%.

Questo modello prevede lo scambio non solo di pazienti ma anche di medici tra le diverse realtà ospedaliere. Tutto fa riferimento all’ospedale Molinette. È infatti il medico dell’ospedale inviante che segue il paziente presso l’ospedale di corso Bramante ed esegue l’intervento insieme all’équipe del Centro ricevente (il centro “hub”). Omogeneità di offerta delle cure, integrazione completa tra le diverse realtà e continuità assistenziale: un mix in grado di garantire al paziente la maggior rapidità ed efficacia possibile dell’intervento. Questo è l’obiettivo alla base della formazione della Rete per la stenosi aortica.

Se ne parlerà in questi giorni durante l’iniziativa “Next: rete integrata per una gestione ottimizzata della stenosi aortica”, che si articola in 5 incontri formativi ed informativi sulla stenosi aortica. L’obiettivo è un confronto per definire e rafforzare l’interdipendenza funzionale e la governance tra i Centri coinvolti. Il primo incontro si svolgerà il 29 settembre presso la Città della Salute di Torino ed è organizzato dal prof. Gaetano Maria De Ferrari e dal dott. Federico Conrotto della di Cardiologia universitaria delle Molinette insieme al prof. Mauro Rinaldi e al dott. Michele La Torre della Cardiochirurgia.

“La stenosi aortica è una patologia valvolare molto comune nei Paesi occidentali, con un’incidenza che cresce proporzionalmente con l’età – spiega il prof. De Ferrari (Direttore Cardiologia universitaria della Città della Salute di Torino) – Una stenosi aortica moderata o severa colpisce il 4.6% della popolazione con età superiore ai 75 anni, ed oltre l’8% di chi ha più di 85 anni. La diagnosi tempestiva è fondamentale, perché oltre la metà dei pazienti con stenosi aortica severa non trattata adeguatamente muore entro i due anni dalla diagnosi”.

Nell’ultimo decennio vi sono state significative evoluzioni terapeutiche soprattutto, grazie all’avvento della TAVI (trattamento percutaneo della valvulopatia aortica). In Italia l’approccio trans-catetere è aumentato, ma ancora sottoutilizzato: i pazienti trattati sono solo il 37% di quanti, secondo le evidenze cliniche, dovrebbero ricevere la TAVI, e con significative disparità territoriali legate alla frammentazione a livello regionale del SSN.

Le attuali Linee guida forniscono indicazioni non solo per un corretto inquadramento diagnostico, ma anche per una più consapevole scelta terapeutica alla luce delle continue evoluzioni tecnologiche. La scelta dell’opzione più adeguata coinvolge un’équipe di specialisti (Heart Team) composta da cardiologi clinici, cardiologi interventistici, cardiochirurghi, specialisti di imaging cardiaco, anestesisti cardiovascolari, con l’obiettivo di valutare sia i fattori clinici che anatomici, nonché le preferenze dei pazienti.

“Le mutate condizioni demografiche ed epidemiologiche – afferma il prof. Rinaldi (Direttore della Cardiochirurgia della Città della Salute di Torino) – richiedono modelli di offerta delle prestazioni sanitarie idonei alla presa in carico di pazienti affetti da stenosi aortica, attraverso la riorganizzazione della rete ospedaliera in centri Hub e centri Spoke, ovvero centri altamente qualificati e realtà territoriali che si configurano quali spazi per la presa in carico globale del paziente, in grado di dare risposte a bisogni che richiedono continuità dell’assistenza per periodi di lunga durata ed una forte integrazione dei servizi sanitari e sociali. Network interdisciplinari, lavoro in simbiosi con una gestione del paziente condivisa tra cardiologi e cardiochirurghi: questa è la formula vincente”.

Il concetto di rete ospedaliera prevede che ogni ospedale sia un polo all’interno di un sistema strutturato per percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione, capace di indirizzare ciascun paziente verso diversi punti di erogazione, e di garantire congruità dei tempi di attesa e dei costi, appropriatezza degli accessi e qualità delle prestazioni, ossia sostenibilità del Sistema sanitario.

 

Fonte: In Salute News

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