Come il coronavirus può colpire il cervello

Articolo del 21 Aprile 2021

Il coronavirus non infetta il cervello in maniera diretta, cioè non penetra all’interno dell’organo, ma può causare lesioni cerebrali e sintomi neurologici in maniera indiretta. Oggi uno studio della Columbia University Irving Medical Center conferma alcune prove precedenti, di cui abbiamo discusso, sugli effetti del Covid-19 sul cervello, che potrebbero in qualche modo riguardare anche chi soffre di long Covid associato a sintomi come la nebbia mentale.  Secondo gli scienziati il meccanismo con cui il coronavirus Sars-Cov-2 può determinare danni anche gravi al cervello – come l’ictus – è da rintracciare nell’azione eccessiva del sistema immunitario che causa infiammazione e altri problemi. Lo studio è pubblicato su Brain.

Lo studio, ancora più approfondito

Gli scienziati hanno incluso nella ricerca 41 pazienti morti per Covid-19, di età compresa fra 38 e 97 anni, di cui circa la metà intubati, mentre altri purtroppo deceduti poco dopo il ricovero in ospedale. Tutti i pazienti avevano un’infiammazione cerebrale significativa e alcuni erano stati sottoposti alla risonanza magnetica e alla Tac del cervello. Gli autori hanno poi esaminato tramite autopsie i tessuti cerebrali cercando con vari test la presenza del virus nel cervello. Nel lavoro hanno tenuto conto delle ricerche precedenti sull’argomento, aumentando il numero di pazienti inclusi nell’indagine e utilizzando un numero maggiore di tecniche di rilievo locale del virus per essere certi di poterne escludere la presenza.

Non c’è virus nel cervello

I risultati mostrano che il virus non ha intaccato i tessuti cerebrali ed è assente nei neuroni e cellule della glia, che insieme ai vasi sanguigni formano il sistema nervoso. Ci sono tracce di rna virale probabilmente dovute alla presenza del Sars-Cov-2 a livello dei vasi sanguigni e nelle leptomeningi – una parte delle meningi – che ricoprono il cervello. Oltre alla maggior estensione di tessuto considerato, nell’esame sono state incluse aree cerebrali quali il bulbo olfattivo, sede di controllo dell’olfatto, ampiamente colpito nei pazienti con Covid-19. Alcune ricerche suggerivano che il virus avrebbe potuto raggiungere il cervello viaggiando dalla cavità nasale attraverso il nervo olfattivo. Ma non è questo il caso. “Anche qui non abbiamo rintracciato alcuna traccia di rna o di proteine virali”, sottolinea James E. Goldman, che ha coordinato lo studio insieme a Peter D. Canoll, “anche se invece ne abbiamo trovato nella mucosa nasale e in quella olfattiva più in alto nella cavità nasale”.

Qualche dubbio

Altri studi indicavano invece la possibile presenza del coronavirus all’interno del cervello. “Riteniamo che questo risultato sia il frutto di una contaminazione“, spiega Canoll, “dato che qualsiasi virus nel cervello è contenuto all’interno dei vasi sanguigni”, fermo restando che esistono virus che hanno dimostrato di poter entrare nel cervello e causare in maniera diretta encefaliti e altre patologie.

Il sistema immunitario è complice

Resta il fatto che i pazienti mostravano ampie lesioni cerebrali, secondo gli autori classificabili in due categorie. Da un lato i ricercatori hanno rilevato la presenza di aree danneggiate dall‘ipossia – la mancanza di ossigeno – a livello cerebrale. Questo problema, legato alla malattia polmonare e l’insufficienza respiratoria, è causato da ictus o da coaguli di sangue anche piccoli, comuni nei pazienti con Covid-19 grave. La seconda manifestazione importante riguarda l’elevata quantità di microglia, un tipo di cellule della glia che si attivano e si occupano quando bisogna fornire al sistema nervoso una difesa immunitaria. Questo processo può portare alla perdita di alcuni neuroni, un danno irreversibile. “Abbiamo trovato ammassi di microglia che attaccano i neuroni”, sottolinea Canoll, “un processo chiamato neuronofagia”. In assenza di virus nel cervello è possibile che la microglia sia stata attivata dalle citochine infiammatorie, come l’interleuchina 6, a loro volta frutto dell’attivazione del sistema immunitario in risposta all’infezione da coronavirus.

I prossimi passi

Ma non solo i casi più gravi hanno manifestato disturbi a livello cerebrale, ma anche quelli medi spesso presentano sintomi neurologici anche persistenti, in chi ha il cosiddetto long Covid, fra cui la stanchezza e la mancanza di memoria e concentrazione (la nebbia mentale) di cui si è già parlato. I ricercatori si chiedono se e in che modo l’attivazione delle cellule della microglia possa avere un ruolo nel causare problemi di memoria e questi altri sintomi. Attualmente ancora non lo sappiamo.

Fonte: Galileo

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