Le dieci aziende in corsa per costruire la filiera dei vaccini italiani

Articolo del 31 Marzo 2021

L’obiettivo è avviare la produzione in tre o quattro mesi, come ha ricordato Draghi, per raggiungere l’autosufficienza vaccinale entro l’anno.
Sono almeno una decina le aziende che sono in corsa per partecipare alla costruzione di una filiera italiana dei vaccini con l’avvio della fase produttiva dei sieri contro il Covid pronta a partire già «tra 3-4 mesi», come ha detto nei giorni scorso lo stesso premier Draghi. Sul tavolo il Governo, su spinta del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, ha già messo 400 milioni di incentivi per puntare all’autosufficienza vaccinale entro l’autunno.

In pole position ci sono aziende come la Thermo Fisher che ha già chiuso nei giorni scorsi l’accordo con la multinazionale Pfizer per la quale infialerà e confezionerà a Monza il suo vaccino, c’è il colosso Gsk con il suo stabilimento di Rosia vicino Siena dotato di bioreattori, c’è la realtà in grande sviluppo di Reithera a Castel Romano, alle porte di Roma, con la partecipazione dello Stato al 30% e un contratto di sviluppo con Invitalia, che sta completando la fase due di sperimentazione del suo vaccino che potrebbe essere distribuito in autunno.
C’è poi la pugliese Lachifarma, al 100% italiana, che sta investendo 20 milioni e che si dice pronta a produrre milioni di dosi lavorando anche alla prima più complessa fase, quella “bulk” che prevede la produzione della miscela prima dell’infialamento. In Emilia si spinge invece per mettere in pista la Bio on azienda di bioplastiche con i conti in rosso ma con cinque preziosi bioreattori di fermentazione per fare i vaccini. Una pista, questa, su cui spinge lo stesso governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Ancora in Toscana “culla” di vaccini e farmaci (compresi i monoclonali contro il Covid) c’è l’Agenzia industrie Difesa che sta lavorando con la Fondazione Toscana Life Science per realizzare un impianto di produzione di vaccini di origine virale. La sede della produzione sarà lo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze.

Ci sono inoltre le eccellenze del distretto laziale, a partire dalla Catalent che ad Anagni infiala AstraZeneca e il nuovo Johnson & Johnson e sempre qui oltre agli stabilimenti del colosso francese Sanofi che lavora al suo vaccino c’è la Acs Dobfar. Su questa e sulla Biomedica Foscama di Ferentino nei giorni scorsi sono stati puntati i riflettori per una possibile produzione del siero russo Sputnik. Che sarà invece sicuramente prodotto grazie a un accordo appena siglato con il Fondo governativo russo dall’azienda italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech nei suoi stabilimenti in Brianza a Caponago. Un vaccino, questo, su cui lo stesso Draghi non ha pregiudizi e che potrebbe essere prodotto in Italia se l’Ema come sembra lo approvasse nel giro di 2-3 mesi.
Questa una prima lista non esaustiva delle possibili aziende coinvolte in questa filiera italiana del vaccino che si sta completando in questi giorni anche se solo alcune di queste candidate potranno sfruttare gli incentivi che il Governo ha messo in pista.

In cerca della autosufficienza vaccinale

L’obiettivo è quello di provare a raggiungere a fine anno l’autosufficienza vaccinale nazionale. Una accelerazione necessaria anche per farsi trovare pronti nella più ampia strategia europea sui vaccini a cui sta lavorando Bruxelles che potrebbe trattare direttamente con le aziende la cessione dei brevetti. Per il ministro Giorgetti questo ormai è un settore cruciale dopo l’abbandono degli ultimi anni e va ricreato anche con una forte collaborazione tra pubblico e privato: «Penso che ci sia la possibilità in tempi medi di una produzione nazionale per il vaccino, possibile per l’autunno – ha spiegato durante l’evento del Sole 24 ore dello scorso 25 marzo -. Questo significa che dobbiamo porre le basi oggi per essere autonomi domani».
La dote per incentivare la ricerca e la riconversione produttiva è, almeno per il momento, di 400 milioni. Duecento milioni derivano da fondi già nel bilancio del ministro dello Sviluppo economico e diventati disponibili con il decreto ministeriale firmato dal ministro Giancarlo Giorgetti l’8 marzo. Poi il decreto legge “sostegni” ha previsto ulteriori 200 milioni, a valere sui contratti di sviluppo gestiti da Invitalia, per poli di alta specializzazione.
In pratica, l’obiettivo è la riconversione del settore biofarmaceutico finalizzata alla produzione di nuovi farmaci e vaccini non solo contro il Covid ma anche per contrastare patologie più diffuse. Lo strumento dei contratti di sviluppo si presta a una certa agilità di funzionamento, soprattutto nel caso di investimenti superiori a 20 milioni per i quali sarà possibile adottare la procedura “fast track” che taglia i tempi di autorizzazione. Gli incentivi potranno concretizzarsi in un mix di finanziamenti agevolati, contributi a fondo perduto alla spesa e in conto impianti e contributi in conto interessi.

IL PIANO ITALIANO

La produzione
Il Governo punta a conseguire l’obiettivo della produzione in Italia entro l’anno di «bulk» (il principio attivo e gli altri componenti del vaccino) e del relativo infialamento ad opera di imprese in Italia.

Gli incentivi
La dote stanziata del Governo per agevolare la creazione della filiera è di 400 milioni: la metà da fondi già disponibili dal Mise e l’altra stanziata con il decreto Sostegni

GLI INCENTIVI

400

I milioni di incentivi
Duecento milioni derivano da fondi Mise disponibili con il decreto firmato da Giorgetti l’8 marzo. Poi il dl “sostegni” ha previsto ulteriori 200 milioni, a valere sui contratti di sviluppo gestiti da Invitalia

LE DOSI ATTESE

242

I milioni di dosi attese
Secondo il piano vaccini aggiornato dal Governo sarebbero potenzialmente 242 milioni le dosi di vaccino anti-Covid che sono attese in Italia tra la fine del 2021 e metà 2022.

Fonte24+ de IlSole24Ore

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