Uno studio della Bayes Business School ha analizzato i tassi di mortalità delle persone di età compresa tra i 50 e i 95 anni. I ricercatori hanno preso in esame la mortalità in 21 Paesi ad alto reddito per un periodo di 50 anni e li hanno confrontati con i dati attuali. Il risultato è che la probabilità di morire sta cambiando in modo meno favorevole rispetto a qualche decennio fa. Dei 21 Paesi esaminati, l’Italia si è classificata al 20° posto per le donne e al 14° per gli uomini.

LO STUDIO

Dagli anni ’50, la mortalità è diminuita in molti Paesi occidentali. Tuttavia, dal 2010, questo miglioramento sembra aver subito una frenata. Perché? Alcune risposte le danno i risultati di un nuovo studio della Bayes Business School (ex Cass Business School) di Londra che analizza i tassi di mortalità delle persone di età compresa tra i 50 e i 95 anni in 21 Paesi ad alto reddito per un periodo di 50 anni.

I ricercatori hanno esaminato le tendenze dei tassi di mortalità tra il 1960 e il 2010, per poi verificare se ciò che è accaduto dal 2010 in poi abbia seguito o meno i modelli previsti.

Risultati ben al di sotto delle aspettative

Lo studio mostra che molti Paesi sviluppati hanno registrato un miglioramento della mortalità inferiore nel periodo 2011-2017 rispetto al decennio precedente. Questi Paesi hanno anche registrato tassi di miglioramento inferiori a quelli attesi rispetto ai modelli basati sui dati precedenti al 2011. Questa tendenza è particolarmente marcata nelle fasce di età superiori ai 50 anni.

Lo studio rileva che dal 2011 è stato osservato un notevole rallentamento dei tassi di miglioramento della mortalità anche tra le donne. In tutti i Paesi studiati, ad eccezione di Danimarca e Norvegia, i miglioramenti medi annui della mortalità femminile dopo il 2010 sono stati peggiori di quanto si sarebbe potuto prevedere dai dati precedenti.

Le donne più colpite rispetto agli uomini

Lo studio evidenzia una notevole differenza di genere: le donne di 18 dei 21 Paesi esaminati e gli uomini di otto Paesi hanno registrato miglioramenti della mortalità inferiori al previsto, superiori allo 0,25% all’anno nel periodo 2011-2017.

La differenza è più evidente nelle donne italiane, il cui miglioramento medio della probabilità di morire è sceso dal 2,3% annuo (1981-1990) allo 0,45% (2011-2017). Negli uomini italiani, il tasso di miglioramento è il più basso degli ultimi 40 anni (1,18%).

L’Italia, insieme a Grecia e Spagna, è il Paese che ha ottenuto i risultati peggiori nella misurazione dei tassi medi di miglioramento della mortalità tra il 2011-2017. Dei 21 Paesi esaminati, l’Italia si è classificata al 20° posto per le donne e al 14° per gli uomini.

La Germania, insieme al Regno Unito e a Taiwan, è stato il Paese con i risultati peggiori per gli uomini tra il 2011 e il 2017. Dei 21 Paesi esaminati, la Germania si è classificata al 20° posto e il Regno Unito al 19°.

Mentre la velocità con cui i tassi di mortalità stanno migliorando in Scandinavia, e in particolare in Danimarca, è significativamente più alta che nel resto d’Europa. I Paesi in cui i tassi di mortalità per gli uomini stanno migliorando in modo più significativo sono Norvegia, Danimarca, Irlanda e Belgio, anche se la tendenza per le donne è leggermente più eterogenea.

L’età pensionabile innalzata troppo presto?

Per Steven Haberman, docente alla Bayes Business School e coautore dello studio, questi risultati negativi rappresentano una “tendenza allarmante”. L’autore offre alcune ipotesi per spiegare perché l’aumento dell’aspettativa di vita in molti Paesi rimane al di sotto delle attese. “L’età pensionabile è stata innalzata troppo rapidamente? La risposta potrebbe essere sì.”

Haberman ritiene che questa tendenza possa essere attribuita alle politiche di austerità adottate in reazione alla recessione del 2008 e alle conseguenze negative delle morti invernali (2014/2015) e dei livelli di mortalità più alti del normale, soprattutto per quanto riguarda l’andamento della mortalità femminile in alcuni Paesi.

“I governi vogliono aumentare l’età pensionabile partendo dal presupposto che le persone vivono più a lungo. Ma oggi potrebbe non essere così. Potremmo far lavorare le persone più a lungo e poi dover affrontare un periodo di pensionamento più breve per godere della pensione.”

ll rallentamento dei tassi di miglioramento della mortalità dal 2011 al 2017: un’analisi multinazionale, a cura di Haberman, docente di Scienze attuariali presso la Bayes Business School, di Viani Djeundje Biatat, ricercatore presso l’Università di Edimburgo, Madhavi Bajekal, ricercatrice senior onoraria presso l’University College di Londra e di Joseph Lu, direttore del Longevity Science presso Legal & General, è stato pubblicato sull’European Actuarial Journal.

 

Fonte: QuotidianoSanità.it

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