Per il 2022 la soglia esentasse dei cosiddetti fringe benefit 1 è salita a 600 euro. Inoltre, come previsto dal Decreto Aiuti bis, soprattutto per rispondere agli effetti della crisi energetica, sarà possibile utilizzare questa cifra anche per pagare le utenze domestiche di acqua, luce e gas.

Grazie a questa novità, sarà quindi possibile per le imprese promuovere nuove soluzioni nell’ambito del welfare aziendale. Si tratta di una scelta rilevante, soprattutto perché con molte organizzazioni avevano già nei mesi scorsi avevano iniziato a introdurre interventi per far fronte alle difficoltà dei lavoratori dovute all’aumento del caro-vita.

Grazie a alle nuove previsioni normative, probabilmente assisteremo a un aumento di bonus economici, premi una tantum e misure di welfare aziendale da parte delle imprese. Si tratta di azioni in larga parte già sperimentate, ma che vogliono rispondere a una situazione emergenziale. Dato il numero sempre maggiore di imprese che scelgono questa strada, sembrerebbe essere una buona soluzione a favore di lavoratori e lavoratrici.

Cosa fanno le grandi aziende

A muoversi in questo alveo sono – e saranno – soprattutto le grandi realtà, che hanno le possibilità economiche per fare questo genere di investimenti. Molte di esse appartengono al settore metalmeccanico e dell’industria in senso stretto.

Brembo, ad esempio erogherà un premio straordinario di 1.000 euro lordi a ciascuno dei propri collaboratori in Italia. L’azienda, leader del settore nello sviluppo e nella produzione di impianti frenanti per veicoli, ha detto di voler dare un segnale ai propri collaboratori a fronte di un contesto macroeconomico italiano in cui il carovita è aumentato significativamente.

Nelle Marche, ad Ancona, tutto il personale del Frittelli Maritime Group riceverà invece circa 1.800 euro lordi di contributo straordinario. In Unox, invece, che è un produttore di forni in provincia di Padova, è stato scelto di fare un intervento strutturale: dal 2022 le oltre 700 persone che lavorano in azienda riceveranno un aumento annuo di 1.000 euro lordi.

Non solo industria e manifattura

Anche altre organizzazioni di settori produttivi differenti si stanno muovendo sul fronte del welfare aziendale. Intesa Sanpaolo ha fatto sapere che stanzierà un totale di 48 milioni di euro per permettere ai propri collaboratori di affrontare i rincari di beni alimentari ed energetici. L’istituto bancario garantirà infatti 500 euro a ognuno dei 82.000 dipendenti del gruppo, attivi sia in Italia sia all’estero. In un comunicato stampa, Carlo Messina, Consigliere Delegato e CEO di Intesa Sanpaolo, sottolinea che “in un passaggio difficile con la capacità di spesa intaccata dai rialzi inflattivi, abbiamo voluto dare un segno di attenzione e di vicinanza, un sostegno concreto che mettiamo a disposizione delle nostre persone e delle loro famiglie”.

La stessa attenzione c’è anche nel comparto chimico-farmaceutico e in quello della moda. Labomar, società della provincia di Treviso con circa 300 addetti, ha dato un bonus di 700 euro ai dipendenti con almeno sei mesi di anzianità. RadiciGroup, multinazionale italiana con sede in provincia di Bergamo, ha stanziato oltre 2 milioni di euro per erogare un contributo di 1.000 euro lordi una tantum ai circa 1.500 addetti delle sedi italiane.

Infine, il gruppo Valentino ha deciso di riconoscere la 14esima a tutti i dipendenti nell’ambito del contratto integrativo aziendale, che interessa circa 2.000 lavoratori in tutta Italia.

Anche le piccole e medie imprese aiutano i lavoratori

Il sostegno ai dipendenti contro il caro-vita, seppur prevalente nelle grandi aziende, vede impegnate anche molte imprese più piccoleTreCuori, società che si occupa di welfare aziendale, ad esempio ha introdotto un “bonus caro-vita” e un “bonus carburante” per i suoi 50 dipendenti. Il primo ha un valore di 1.200 euro, mentre il secondo varia da 200 a 800 euro a seconda della distanza tra la residenza e la sede di lavoro.

Grazie ad un accordo con i sindacati, la General Membrane riconosce invece un bonus di 200 euro per il caro-bollette. Ma l’azienda ha anche un piano di welfare che prevede 600 euro da spendere in beni e servizi previsti dalla normativa e un bonus di 3.500 euro in caso di nascita di un figlio.

La Reynaldi di Rivoli, alle porte di Torino, ha scelto già da qualche anno di distribuire metà degli utili ai dipendenti. “L’anno scorso hanno avuto cinque mensilità extra in busta paga, quest’anno tre perché capitalizziamo una parte dei profitti. Non è una cifra fissa, ma dipende dagli utili che conseguiamo grazie al lavoro di tutti”, ha detto all’ANSA Marco Piccolo, che dal 2000 gestisce con il fratello l’azienda di famiglia.

Ci sono poi le Trafilspec ITS di Castelmarte, che garantisce 1.000 euro a ogni dipendente, la stamperia lombarda Carcano che ha stanziato 100.000 euro da dividere tra i 120 lavoratori (quindi 500 euro ciascuno) e la bolognese Atlante che a fine di giugno ha destinato un “bonus anti-inflazione” di 458 euro per i suoi 90 dipendenti. E ancora: Petronas di Villastellone (TO), Fontana e C. srl della provincia di Cremona, Comisa Spa di Pisogne in provincia di Brescia, Gf-Elti di Sovere (BG). Tutte piccole realtà che hanno predisposto premi tra i 400 e i 500 euro.

È recente, poi, la notizia che Acqua Sant’Anna ha scelto di prevedere una mensilità aggiuntiva per i suoi 200 dipendenti. In merito, Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato della società, ha dichiarato all’ANSA che “Bisogna portare il potere d’acquisto del dipendente a quello che era prima di questi aumenti pazzeschi. Ci costa tra 700.000 e 800.000 euro e ai dipendenti arriveranno in totale 400.000 euro.” Secondo lui, lo Stato dovrebbe detassare tutte le aziende che lo fanno.

Oltre i bonus economici: il ruolo del welfare aziendale

Come già accaduto durante la pandemia, molte imprese stanno mettendo in campo nuove risorse per aiutare i propri collaboratori e le loro famiglie. Si tratta spesso di investimenti significativi, soprattutto perché – come ricordato da Bertone di Acqua Sant’Anna – queste premialità in denaro sono tassate e hanno un costo maggiore per le aziende.

Anche per tale ragione, alcune imprese stanno scegliendo invece la strada del welfare aziendale. C’è chi, come la Molino Caputo di Napoli, ha scelto di utilizzare i fringe benefit, e quindi i voucher welfare. Ma c’è anche chi ha scelto di strutturare un piano più complesso e articolato.

È il caso della I.CO.P. SpA di Basiliano (Udine) impresa edile e Società Benefit con circa 100 addetti. Per andare incontro alle difficoltà causate dal caro-vita, l’azienda ha introdotto un piano welfare che preved una piattaforma digitale grazie alla quale è possibile richiedere servizi alla persona, buoni carburante, voucher spesa, rimborsi per spese scolastiche, trasporto pubblico e assistenza ad anziani o non autosufficienti.

Come riportato sull’ANSA, l’accordo aziendale prevede un importo medio annuo da spendere pari a 750 euro a persona. A questi si aggiungono poi altri servizi, come la mensa gratuita, il centro estivo gratuito per i figli, un servizio di camper-sharing gratuito per le vacanze e altro ancora.

In questa direzione, essendo totalmente detassato, il welfare aziendale consente alle imprese di abbattere la tassazione di queste premialità. Al tempo stesso, può essere un risposta ai bisogni sociali delle persone, per esempio legati alla cura dei figli o di persone anziane.

E questo non è di poco conto. Come ha ricordato il presidente di AIWA, Emmanuele Massagli, in una recente intervista per Formiche, “più il welfare aziendale si dimostrerà in grado di rispondere ai bisogni sociali e quotidiani dei lavoratori, più le risorse a questo destinate saranno contemporaneamente in grado di alzare il reddito e il potere di acquisto dei lavoratori (se l’asilo nido me lo paga l’azienda, per me quelli sono soldi risparmiati utilizzabili per altro!) e generare, per lo Stato, maggiore gettito Iva, più lavoro ed emersione del nero”.

 

Fonte: Second welfare

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