Realizzati in laboratorio ammassi tridimensionali di cellule in vitro che possono essere indotti a secernere lacrime, riproducendo la funzione delle ghiandole lacrimali dell’occhio. Il risultato permetterà di studiare meglio, e in prospettiva trattare, alcune patologie oculari, aprendo la strada verso futuri trapianti di quelle ghiandole.

All’inizio per far piangere le cellule ci voleva molto tempo – fino a un giorno. Ma poi, con l’esperienza e un po’ di stimoli, i ricercatori alla fine le hanno fatte piangere in mezz’ora appena.

Le colture lacrimali, riportate sulla rivista “Cell Stem Cell”, sono i primi “organoidi” di ghiandole lacrimali, ammassi tridimensionali di cellule progettati per assomigliare a versioni in miniatura di organi. Gli organoidi delle ghiandole che producono le lacrime potrebbero essere usati per studiare, ed eventualmente trattare, i disturbi che causano la sindrome dell’occhio secco, compresa una condizione autoimmune chiamata sindrome di Sjögren. “È [un risultato] molto promettente”, ha commentato l’esperta di patologia oculare Geeta Vemuganti, dell’Università di Hyderabad, in India.

Oltre al ruolo che hanno nel mostrare le emozioni, le lacrime aiutano a lubrificare e proteggere l’occhio. Gli occhi secchi possono essere dolorosi, infiammati e soggetti a infezioni. Per studiare la produzione delle lacrime, il laboratorio del biologo dello sviluppo Hans Clevers dell’University Medical Center Utrecht, nei Paesi Bassi, ha ideato un metodo per far crescere le cellule delle ghiandole lacrimali come organoidi. Il gruppo era già riuscito a far crescere un variegato repertorio di organoidi, tra cui fegati in miniatura, tumori cervicali e ghiandole velenifere di serpente.

Organoidi che piangono

Le ghiandole lacrimali sono particolarmente difficili da studiare, come spiega Darlene Dartt, che studia la produzione di lacrime al Massachusetts Eye and Ear di Boston. Le ghiandole si trovano sopra ogni bulbo oculare, dietro l’osso orbitale, il che rende complicato effettuare una biopsia sui loro tessuti. E i campioni, quando si riescono a ottenere, sono spesso minuscoli.

Il laboratorio di Clevers ha usato la propria esperienza per elaborare le condizioni ottimali per la coltura di cellule delle ghiandole lacrimali di topi e di esseri umani. Per stimolare la produzione di lacrime, i ricercatori hanno poi esposto i loro organoidi a varie sostanze chimiche, tra cui il neurotrasmettitore norepinefrina, che veicola i segnali tra le cellule nervose e le ghiandole.

Poiché gli organoidi sono privi di dotti, la produzione di “lacrime” li fa gonfiare. “Se ci fosse stato un piccolo canale, si sarebbero viste delle goccioline”, dice Clevers. E quando il gruppo li ha trapiantati nei topi, gli organoidi sono maturati e hanno sviluppato strutture simili a dotti contenenti alcune proteine che si trovano nelle lacrime.

Il team spera che le cellule possano essere utilizzate per studiare le ghiandole lacrimali e per lo screening di farmaci che influenzano lo sviluppo delle lacrime. Clevers e i suoi colleghi avevano già usato la tecnica di editing genetico CRISPR per studiare lo sviluppo delle ghiandole lacrimali, e hanno scoperto un gene, chiamato Pax6, che ha un ruolo importante nel guidare le cellule ad assumere la corretta identità di ghiandole lacrimali.

Pax6 è un noto regolatore dello sviluppo dell’occhio: inducendo l’espressione della versione di Pax6 del moscerino della frutta sulla zampa di un esemplare, si svilupperà un occhio proprio lì.

Il laboratorio di Clevers sta ora collaborando con il naturalista e conduttore televisivo olandese Freek Vonk per studiare strutture simili alle ghiandole lacrimali nei coccodrilli. Il team spera di usare gli organoidi per studiare le vere e proprie “lacrime di coccodrillo”, che i rettili usano per espellere il sale.

Un potenziale per i trapianti

Gli organoidi derivati da cellule umane potrebbero anche fornire materiale per i trapianti, allo scopo di sostituire le ghiandole lacrimali malate o danneggiate. Il gruppo di Clevers e i suoi collaboratori hanno sviluppato organoidi delle ghiandole salivari che saranno testati a partire da quest’estate in studi clinici per chi soffre di bocca secca, una condizione che può causare carie e difficoltà di masticazione e percezione dei sapori.

Gli studi clinici sulle ghiandole salivari potrebbero servire come terreno di prova per elaborare metodi che potrebbero poi essere adattati a futuri trapianti di ghiandole lacrimali, spiega Dartt.

Nel frattempo, il lavoro fatto dal team di Clevers per caratterizzare le ghiandole lacrimali – compresa la creazione di una mappatura dettagliata cellula per cellula delle strutture e dei loro organoidi – ha dimostrato che le ghiandole sono più eterogenee di quanto precedentemente stimato e potrebbe portare i ricercatori a reinterpretare vecchi dati. “Ci sono implicazioni per molti studi.”

 

FonteLe Scienze

LEGGI TUTTE LE ALTRE NEWS